Qualcuno si asciugava gli occhi

Edith a Birkenau perse una madre e un padre, spediti alla camera a gas appena scesi dal treno che entrava all’interno del campo di sterminio e che fermava accanto a quella che tutti chiamavano “rampa”. Edith aveva un unico sogno nella vita: diventare una grande ballerina. Lei viveva per la danza. E fu la danza a darle la forza di resistere: resistere allo sterminio di tutta la sua famiglia, resistere alle marce forzate, resistere alla brutalità, alla violenza, alla disperazione.

Sul set il nostro regista Marco Zuin è circondato dal nostro giovanissimo corpo di ballo. Marco ha il grandissimo talento di saper condurre i suoi attori prendendoli per mano, invitandoli a far uscire la loro creatività per poi plasmarla al servizio della storia.

Le ballerine provano la loro coreografia… e sono piene di vita, sono belle, sono vive come solo a sedici anni puoi esserlo… quando sai a ragione che hai tutta la vita davanti.

Poi Marco le chiama da parte… «Ora immaginate che cosa stanno provando queste ragazze! Immaginatele in un inferno senza cibo, senza più una famiglia, senza più un futuro… senza più niente. Provate a pensare che cosa devono aver provato! Vi va di riprovare?»

E all’improvviso sembra nascere nei loro occhi questa consapevolezza: la realizzazione che qualcuno della loro stessa età, con gli stessi sogni, speranze e progetti, ballò in un campo di sterminio, a piedi nudi nel fango, mentre in lontananza nuvole di cenere si levavano dai comignoli di un forno crematorio.

Le ballerine restano in silenzio e tornano in posizione. La musica riparte e loro danzano. Qualcuno alla fine si asciugava gli occhi.

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In collaborazione con Ass. Moka / MC-Teatro Civile

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